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Mauritius è un’isola vulcanica: me lo sono ricordata solo passeggiando sulle sponde del lago Ganga Talao, che chiamano anche Grand Bassin. Mi avvicino a una famiglia e chiedo qualcosa di più su questo antico cratere e sul suo tempio così frequentato. «Il lago nasce dalle gocce del fiume Gange, che il dio Shiva portava tra le braccia per impedire un’inondazione. Ma l’isola era così bella che si sporse per guardarla meglio e lasciò cadere l’acqua che riempì il lago: ecco cosa stai guardando», mi risponde la madre.
Le sue parole suonano come una profezia antica. Al Ganga Talao festeggiano il Maha Shivaratri, la festa indù più grande fuori dal subcontinente indiano, ma il lago ha un misticismo che va oltre la religione. È tanto, troppo di più, come il resto dell’isola. A Mauritius le spiagge sono esageratamente belle, i tramonti sembrano sempre dei dipinti, il cibo gustoso, i mauriziani sempre gentili ed accoglienti. Ma a sconvolgermi veramente è stata l’imprevedibilità dell’isola: un’unione indivisibile di natura e cultura.
La prima mattina cercavo qualcosa di tranquillo, così ho raggiunto l’Île aux Aigrettes su una piccola barca a motore, attraversando una baia dall’acqua cristallina. All’arrivo c’era una tartaruga poderosa, centenaria, dal collo rugoso, che mi aspettava sulla spiaggia, con pipistrelli giganti che si nutrono solo di frutta tutt’intorno. Era così che doveva essere sembrata Mauritius ai primi coloni arrivati qui nel 1600… ma senza i dodo. Qui tutto è rimasto come allora, in una riserva naturale che è un viaggio temporale.
Piano piano, mi si schiudono davanti le due anime di Mauritius: quella luminosa della costa, quella indomita e selvaggia dell’entroterra. Tutto è vicino: in un solo giorno ho nuotato nelle acque tranquille delle spiagge davanti a Le Morne Brabant e camminato sulla montagna dei sette colori, visto cascate maestose, assaggiato i tradizionali biscotti di manioca. Affondo le mani nelle mappe per scoprire l’isola come faccio col cucchiaio dentro al Bol renversé, uno dei piatti più tipici della cucina locale: strati di riso, carne e verdura, un mix sempre diverso.
Così è l’isola, un pot-pourri di cultura indiana, cinese, inglese che convivono in maniera armonica in una natura selvaggia e ordinata insieme. La scopro strada dopo strada, saltando su una jeep che mi porta nella Vallée des Couleurs, passeggiando lungo l’infinita spiaggia di Flic-en-Flac. Mauritius è un bouquet di esperienze diverse ogni giorno, che non stancano mai. Avventura pura, oppure un lettino su spiagge paradisiache sempre lì ad aspettarti.